domenica 22 aprile 2012

Complessità - second step


Un determinato punto di vista alimenta, necessariamente, un indeterminato flusso di prospettiveLo spettacolo del flusso spaziale è sempre vivo e ben accessibile nelle metropoli, come molti di voi avranno vissuto e ricordano. Questo spettacolo crea uno stimolo che a sua volta nutre la necessità di significati incerti provenienti dall'interno. Nella nostra epoca percezione e cognizione bilanciano le volumetrie degli spazi architettonici mediante la "compressione" del tempo, mediante la complessità delle interazioni.
Parole come "orizzonte" avevano, bene o male, un campo di definizione, di percezione in termini architettonici, abbastanza condiviso dalle collettività. Bene, valutiamo il comportamento di un buco nero in una galassia distante 100 milioni di anni luce ( vi ricordo che un anno luce è una distanza pari a circa 63.241 volte la distanza fra la Terra ed il Sole - nota come Unità Astronomica- che è 149 597 870,691 chilometri). Gli scienziati stimano che un buco nero risucchi materia ad una velocità di tre milioni di chilometri all'ora. Il limite esterno di un buco nero, il raggio di non possibilità di fuga per materia e luce, viene chiamato "orizzonte dell'evento". Ad esempio "l'orizzonte dell'evento" di un buco nero con una massa 800 volte più grande di quella del sole, ha un diametro di circa 4850 kilometri, ossia la distanza che c'è tra Los Angeles e New York. Crediamo che il termine "orizzonte" sia dunque aperto a nuovi limiti e nuovi significati che, necessariamente, porteranno a nuove imprevedibili associazioni. Anche la coniugazione della parola orizzonte con il campo del pensiero (gli orizzonti del pensiero) si modifica di conseguenza e cerca di riconciliare le dimensioni microscopiche ed ecologiche in crisi sul pianeta. E così se l'orizzonte del nostro globo si contrae, l'orizzonte dei nostri pensieri si espande. Di fronte a queste grandissime trasformazioni del pensiero i nostri valori devono essere ridefiniti ad ogni livello e l'interpretazione della nostra realtà non potrà che essere il risultato di una selezione originale e creativa di INTERAZIONI tra sistemi complessi.

giovedì 19 aprile 2012

Complessità - first step

INTERAZIONE



La scienza dei sistemi complessi

Il progettista di architettura è un narratore. Come tale grande curiosità suscita in lui il vasto e fantastico universo della quotidianità. Non è opinione del solo staff di Co.4 che la realtà nella quale siamo immersi e della quale la quotidianità ne è una possibile unità di misura, abbia come imprescindibile caratteristica quella di essere straordinariamente complessa.
Narrare una complessità diventa perciò l'obiettivo del progettista di architettura.
Durante queste fasi del Corso ci siamo però accorti di uno stato di inconsueta desuetudine a trattare l'argomento da parte vostra. Nel senso che si, la maggior parte di voi ha un'idea di cosa sia la "complessità", ma pochi, troppo pochi, sono in grado di assegnarle un valore espressivo coerente. Per troppo pochi la complessità corrisponde alla verità della Vita.
Troppo pochi sono interessati a scoprire cosa accade quando molti elementi, atomi o molecole, ma anche formiche o esseri umani, interagiscono tra loro.

Interazione. E' la parola chiave della complessità ed è anche, quindi, la parola chiave per indagare nella quotidianità, a qualsiasi meridiano o parallelo del Mondo ci si trovi. Purtroppo per molti le interazioni portano ad una interdipendenza disordinata e rendono più difficile capire cosa succede e perchè. In sostanza le interazioni portano ad una condizione di "emergenza", alla comparsa spontanea di nuovi tipi di ordine e di organizzazione, ad aspetti che non si possono far risalire al carattere delle singole parti. Potete studiare finchè volete la struttura e le proprietà di un'unica molecola di acqua, per esempio, e non riuscirete lo stesso a concepire che ad 1°C un insieme di quelle molecole è un liquido e che lo stesso insieme di molecole a -1°C è un solido. Il brusco cambiamento da uno stato all'altro non implica nessuna alterazione delle molecole di per sè, cambia, invece questa si in maniera sostanziale, la sottile organizzazione della rete delle loro interazioni. E questa semplice ma importantissima verità la possiamo applicare anche al mondo degli ecosistemi e dell'economia. Non importa quante informazioni riusciate a raccogliere a livello di una sola specie o di un solo agente economico, non c'è verso di determinare le configurazioni organizzative che consentono al collettivo di funzionare in quanto tale. Come interagisconomigliaia di semplici geni e proteine per creare l'organismo dell'animale uomo in tutta la sua complessità (appunto) e capacità? Ed una colonia di formiche per organizzare i suoi membri, privi di intelligenza, in una comunità intelligente, capace di localizzare fonti di cibo e di orchestrare, con sbalorditiva raffinatezza, attacchi collettivi per respingere gli invasori?

Tutto ciò e molto altro, sono l'oggetto della scienza dei sistemi complessi o complessità, scienza con la quale siamo passati dal tentativo di identificare e di capire le singole parti a quello di capire la funzione collettiva dei sistemi dai quali dipendiamo, dai molteplici ecosistemi del mondo in cui miriadi di specie interagiscono, al clima e all'economia globale. Un tempo erano sistemi indagati da ricercatori strettamente specializzati. Oggi, tuttavia, è chiaro che si possono capire soltanto accorpando svariati saperi scientifici, con i fisici che prestano idee e metodi agli economisti, con biologi che collaborano con informatici e matematici.
Questa scienza contemporanea ha rivelato, ed è stata una scoperta importantissima, che molti sistemi all'apparenza senza nulla in comune mostrano, in verità, profonde similitudini. Per esempio, semplici regolarità matematiche note come "leggi di potenza" descrivono statisticamente nel tempo l'andamento dei terremoti e, con pari accuratezza, le fluttuazioni dei mercati finanziari, la distribuzione della ricchezza nella maggior parte delle nazioni ed i flussi delle informazioni di internet.
In sistemi così diversi sembrano essere all'opera processi organizzativi molto generali e si sono fatti progressi immensi nel descriverli ed i modelli migliori sull'andamento dei terremoti appaiono notevolmente simili ai modelli dei mercati finanziari o del comportamento informativo di internet.

Un'altra scoperta è che, in linea generale, nella maggior parte dei sistemi complessi, il cambiamento non assume la forma di tendenze lineari o di cicli regolari, al contrario: è per lo più erratico ed imprevedibile. Gli eventi dirompenti, per esempio, avvengono molto più spesso di quanto tendiamo ad immaginare e hanno effetti sproporzionati. Sull'arco di un decennio, la mezza dozzina di terremoti "importanti" produce più danni alle persone ed ai beni di tutti gli altri messi insieme. Allo stesso modo, sull'arco di un anno la maggior parte del movimento di un dato titolo di borsa è spesso dovuta a cambiamenti repentini in pochi giorni precisi. Tipicamente, in un qualsiasi sistema complesso, il ritmo del cambiamento presenta oscillazioni selvagge, con rari picchi che risaltano sullo sfondo di una calma relativa, con transizioni improvvise e violente in mezzo a periodi di quiescenza. In un mondo complesso l'imprevedibilità è normale.

L'idea sottostante alla scienza dei sistemi complessi è che tutto sta nell'organizzazione. Nel nostro mondo questa assume forme che la scienza classica non lascia presagire, concentrata com'è nella ricerca delle leggi fondamentali ed immutabili che regolano l'Universo, basti pensare alla teoria quantistica o alla cosmologia. Ma la scienza odierna è andata oltre; le avanguardie della scienza non sono più ossessionate dalla previsione esatta e dal controllo. Hanno imparato ad accettare che l'imprevedibilità è un aspetto inevitabile e, a volte, persino benefico del mondo, una risorsa da cui è possibile trarre anche vantaggio, se giocata bene. Sappiamo oramai che alcune delle verità più profonde sul nostro mondo riguardano le sue organizzazioni complesse, e che se vogliamo viverci meglio e usarle saggiamente, la conoscenza di queste verità ci è indispensabile.


L'interazione e l'architettura contemporanea

La narrazione a cui si faceva riferimento più sopra, obiettivo unico del progettista di architetture, per essere coerentemente radicata nella nostra epoca e, quindi, avere un minimo orizzonte testimoniale, deve essere in grado di dialogare con le recenti scoperte della scienza e di esplorarne le relazioni di reciprocità che sussistono tra le due discipline, avendo ambedue lo stesso terreno di ricerca: la complessità.
L'indescrivibile armonia del mondo migliora sensibilmente con la conoscenza delle nuove teorie organiche dei sistemi dinamici che ci offre la scienza dei sistemi complessi.
Una delle principali attenzioni del progettista di architettura (questo in tutte le epoche) è quella di sviluppare sempre adeguati criteri di percezione delle sue soluzioni spaziali, in quanto è proprio attraverso la percezione che riesce a dare della sua architettura che avviene la definizione del racconto, la narrazione della sua visione del mondo.
Sappiamo, dalle comunicazioni fin qui svolte, che il nostro (nel senso di "narratori architettonici") modo di raccontare è strettamente correlato a due entità ben precise: lo spazio ( anche detto vuoto architettonico) ed il soggetto che lo descrive. Dato che il soggetto occupa un tempo particolare, lo spazio è perciò collegato ad una durata percepita ( ad esempio: cosa succede all'interno di un ufficio in una città specifica, la mattina presto dei mesi primaverili?). Il corpo virtuale, come sistema di nervi e sensi, è altresì orientato nello spazio. Può essere a testa in giù oppure dritto. Sussistono anche tutte quelle relazioni con lo spazio dettate dalle capacità inconsce di adattamento all'intorno virtuale. In assoluto è il corpo la vera essenza del nostro essere e della nostra percezione spaziale. Quando ci muoviamo nello spazio, il corpo si sposta in uno stato costante di incompletezza essenziale. Nella nostra contemporaneità, come progettisti di architetture siamo nelle stesse condizioni degli scienziati e cioè impossibilitati a dare risposte adeguate utilizzando criteri e linguaggi classici, in quanto l'organizzazione della società, i suoi fare ed i suoi modi di esprimerlo, il suo definire paesaggi ed essere paesaggi, assume forme così incredibilmente complicate che non può essere descritta con i canoni dell'architettura classica e accademica, essendo questa concentrata ancora nella ricerca di un linguaggio e dei relativi canoni espressivi.

fine prima parte.

martedì 17 aprile 2012

UN PASSO NELLA COMPLESSITA'

Dear studerts,
Il filosofo inglese Alfred North Whitehead rifiutava la possibilità di una conoscenza particellare, in cui gli ambiti del sapere rimangono tra loro distinti, proponendo invece una ricerca filosofica basata sulla organicità e sulla correlatività dell'esperienza umana.
Ci accorgiamo quindi di dover spostare la nostra attenzioneda ogni singolo elemento della quotidianità all'insieme delle interazioni che tra essi si genera.
Dobbiamo renderci conto che abbiamo a che fare con sistemi che risultano estremamente complessi, costituiti da processi non lineari in cui il principio causa-effetto perde la sua assoluta validità classica.
E in questa complessità, in questo continuo mutamento delle interazioni tra le parti, si osserva la nascita di nuove forme di organizzazione, di nuovi tipi di ordine, contenenti aspetti che sono "altro" rispetto al carattere delle singole componenti.


Esercizio:
Immagina che la caffetteria della facoltà ospiti un evento insolito, a cui parteciperanno tante persone: una degustazione di diverse varietà di te.
Vi chiediamo di analizzare l'ordinario funzionamento della caffetteria mediante l'utilizzo di layers, e realizzare poi un collage che esprima la contaminazione tra questo fare ordinario e l'evento particolare.
Concentratevi prima sulla trasmissione della strategia, e in seguito sulla resa estetica.
Buon lavoro
lo staff.

lecture

[1] La caffettiera del masochista esemplifica i possibili problemi dovuti ad una cattiva progettazione, la mancanza di attenzione nello studio dei processi, la scarsa sensibilità nei confronti dei soggetti coinvolti possono creare grandi occasioni di disagio. A tutti sarà capitato di cercare di aprire una porta spingendo… il disagio che si crea nell’utente in questi frangenti è ingiustificato.
Un buon progettista dovrebbe aver chiaro come alla base di un buon design c’è in “comfort”, uno stato delle cose per cui gli input provenienti dall’esterno si azzerano, in cui non si avverte la sensazione del freddo o del caldo, non si sentono rumori indesiderati o non ci si trova in condizioni sfavorevoli di illuminazione. Il “comfort”, ciò che non si sente, deve essere il punto di inizio di un qualsiasi progetto, sarà la prerogativa per la creazione di un processo di interazione estetica efficace.
Mentre una semplice analisi funzionale è in grado di mettere in luce tutte le caratteristiche necessarie per il raggiungimento del “comfort”, l’analisi del fare andrà ad indagare le peculiarità dei processi a cui si dovrà relazionare l’architettura in modo da definire un vuoto capace di accompagnarne lo svolgimento.
“I diagrammi sono delle rappresentazioni visive che aiutano la comprensione delle informazioni”*
Analizzare i processi scomponendoli in azioni ed eventi ci aiuta a comprenderne il dinamismo, a capire come alcune cose avvengano e cosa questo comporti. Per svolgere l’analisi del fare è necessario innanzitutto avere un’idea degli elementi coinvolti e della scala a cui il processo sarà analizzato. Qualsiasi processo è potenzialmente connesso a tutto l’esistente e scomponibile in microattività a scala cellulare…. Pertanto, mantenere consapevolezza dell’ambito di indagine è necessario per non rischiare di perdersi.
In architettura i diagrammi vengono utilizzati non solo come strumenti di analisi ma anche come strumenti progettuali in quanto la loro stesura è frutto di un processo creativo. [2] “Il diagramma non è una metafora o un paradigma, ma una macchina astratta che al tempo stesso è contenuto ed espressione”*.
Per redigere un diagramma dovremo pertanto avere chiari, oltre all’ambito di indagine e agli elementi coinvolti, i parametri che utilizzeremo per la comprensione del processo oggetto di studio. [3] Una volta impostate le condizioni al contorno, nella redazione del diagramma si presterà attenzione sia agli eventi che alle azioni, mentre i primi sono accadimenti di durata tendente a zero, le seconde sono dei processi continui che si sviluppano da un evento all’altro. Gli eventi sono la lista del “Cosa”, le attività rispondono alla domanda “Come”.
Indagare come avviene un processo consiste nel capire come è strutturato, di quali eventi lo generano, quali azioni lo compongono, le relazioni che si instaurano tra i vari elementi che lo compongono e quali ricadute ha verso l’esterno.
“I diagrammi vengono sviluppati per liberare l’architettura dagli standards tipologici in modo da creare le condizioni per evitare di imporre l’idea ma di inserirla all’interno del processo.”*


Ben van Berkel & Caroline Bos, MOVE, 1998
[1] – la caffettiera del masochista
[2] – moebius house
[3] – diagramma di UNstudio

Processo, l'attimo nel mentre

Dear studerts,
“la forma segue la funzione”, “è la funzione che prende corpo all’interno di una forma”, etc...
I processi attraverso i quali svolgiamo un’azione sono fondamentali perché con questi ci dobbiamo confrontare nella progettazione, una buona analisi rende possibile la manifestazione del “comfort”, ciò che non si sente.


Una volta generato il comfort, in modo elegante sarà possibile parlare di architettura, o meglio, far parlare l’architettura.





Esercizio:
Immaginate di prepare il tè ad un ospite, descrivete l’evento attraverso un diagramma in bianco e nero composto da nodi e linee.
Immaginate di prendere un tè da un ospite, descrivete l’evento attraverso un diagramma in bianco e un colore a vostra scelta composto da nodi e linee.
Disegnate un terzo diagramma, elaborato a vostra discrezione, che riassuma i primi due.
Suggerimento: usate grafismi, non virtuosismi.

Buon lavoro
lo staff.

domenica 1 aprile 2012

Moving Target

L'architettura permette al corpo di cambiare e ingloba quel corpo.
Come estensione del corpo, essa stessa produce la trasformazione. Un'architettura in trasformazione esiste
dentro un corpo in trasformazione. (Shinichi Ogawa)

Dear students,

uno dei tratti distintivi della ricerca contemporanea sta nell’esigenza di ibridazione e sfaldamento
progressivo di frontiere e codici linguistici per esplorare in modo interdisciplinare nuove strutture e forme
di espressione. Crocevia comune tra le diverse discipline artistiche il corpo è spazio fisico e concettuale di
un confronto serrato: nel suo essere contemporaneamente organismo biologico, spazio, pensiero, senso,
movimento, il corpo incarna tensioni e contraddizioni tipiche della contemporaneità.

A tal proposito il contributo pratico e teorico di coloro che operano nel campo delle arti sceniche è sempre
più determinante: le ricerche e le sperimentazioni nel teatro e nella danza riportano il corpo, l’esperienza
sensibile, il gioco e l’azione al centro della teoria della progettazione.
La ricerca sul movimento, che trova la sua applicazione pratica nella danza contemporanea, mette in
questione le conoscenze tradizionali in merito all’uso e alla percezione dello spazio.
Emergono in questo paesaggio figure eminenti, come il coreografo belga Frédéric Flamand, i cui lavori,
spesso realizzati in collaborazione con importanti architetti e designer, liberano le energie che nascono dal
rapporto contraddittorio tra spazi reali e virtuali, corpi sensibili e immaginari, frammentando così la visione
scenica e scuotendo il nostro sguardo passivo.


L’esperimento di oggi consiste nell’ indagare lo spazio del movimento, immaginando con i materiali a
disposizione di progettare una sorta di stage, una scenografia, un’installazione all’interno della quale
ambientare la vostra personale coreografia utile a riappropriarvi (e a riappropriarci) dello spazio attraverso
il corpo.

Buon lavoro,

lo Staff.